Il lavoro culturale. Pensare una comunità.

Apro il libro di Giovanni Solimine, Senza sapere. Il costo dell’ignoranza in Italia pubblicato dagli editori Laterza nel 2014, e leggo subito nelle prime righe del saggio:

I dati descrivono un’Italia priva di conoscenze e competenze, un paese ‘senza soliminesapere’. Siamo talmente ignoranti da non comprendere perfino quanto sia grave e pericoloso il nostro livello di ignoranza, e da non correre ai ripari. Ciò che inquieta di più è che anche i nostri governanti – nazionali e locali, in attività e in quiescenza più o meno temporanea, così come quelli che si stanno scaldando in panchina, in attesa che venga il loro turno – non sembrano occuparsi o pre-occuparsi del problema, non rendendosi conto del prezzo che quotidianamente l’intera società italiana è costretta a pagare per i guasti provocati dall’ignoranza.

In poche righe, Solimine sintetizza la difficile realtà italiana che, successivamente, declina con i dati delle ricerche scientifiche:

l’Italia è ultimo paese in Europa per numero di laureati;

il primo paese in Europa per giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano non seguono corsi di aggiornamento;

300.000 ragazzi delle regioni meridionali sotto i 18 anni non hanno mai fatto sport, non sono mai andati al cinema, non hanno mai aperto un libro o acceso un computer;

siamo agli ultimi posti tra i paesi OCSE per le competenze nelle cosiddette literacy e numeracy (sia tra i giovani che tra gli adulti);

nell’ultimo quinquennio i consumi culturali sono diminuiti del 38%;

l’industria italiana è agli ultimi posti per investimenti in ricerca e nuove tecnologie.

Le porte aperte da Solimine sono tante, tra le altre colpisce particolarmente quella dell’inconsapevolezza che caratterizza la nostra condizione: se, da un lato, organismi politici ed istituzioni culturali non sembrano occuparsi efficacemente di una diffusa crescita culturale, dall’altro chi dovrebbe reclamare e lottare per i propri diritti, tra i quali quello delle pari opportunità di accesso alle conoscenze sancito nei Principi fondamentali della nostra Costituzione, non sembra neppure accorgersi di cosa stiamo perdendo.

Eppure, nel 2015 l’istituto europeo per la concessione dei brevetti (European Patent Office) ha sancito che tra il 1999 ed il 2008 il nostro paese si è collocato all’ottavo posto della classifica mondiale per numero di brevetti depositati, con un incremento delle domande percentualmente più alto, rispetto al passato, di paesi come Germania, Francia ed Inghilterra.

La mancanza di serie e durature politiche culturali sembra contrapporsi alle capacità creative che, come italiani, ci vediamo riconoscere nel mondo.

La riflessione suscitata dal confronto di questi dati porta alla facile conclusione che, in presenza delle giuste condizioni di accesso al sapere, la conoscenza produce frutti sicuri: il problema è dunque quello di garantire le medesime opportunità per tutti.

Com’è noto, sono tre le condizioni che possono favorire l’adeguata crescita culturale di un individuo, soprattutto di un bambino: la situazione sociale, economica e culturale della famiglia di provenienza; le persone che il bambino incontrerà negli anni della sua formazione; le condizioni ambientali in cui il bambino si troverà a crescere.

Quanto detto vale anche per l’approccio di un giovane ai libri ed alla lettura, e questa è, evidentemente, la questione fondamentale per la formazione di ciascuno come individuo e di tutti come società.

Aidan Chambers sostiene che “siamo quello che leggiamo”, diventiamo noi stessi anche attraverso la lettura, attraverso il confronto con quello che altri esseri umani hanno lasciato nei loro scritti. Siano questi opere scientifiche o di fantasia.

L’apprendimento, la conoscenza, la riflessione attraverso la lettura: un percorso duro e faticoso ma ugualmente necessario, imprescindibile.

E non può essere lasciato al caso.

Tra le condizioni ritenute particolarmente favorevoli alla costruzione di un giovane lettore troviamo senz’altro la fortuna di nascere in una famiglia di lettori, in una casa dove la presenza dell’oggetto libro non è casuale ed accessoria e dove dedicare tempo alla pratica della lettura è riconosciuto come valore. Altrettanto importante, per il giovane, incontrare durante il suo percorso di crescita una persona che possa trasmettergli l’amore, la passione verso la conoscenza: un insegnante, il bibliotecario della città, un amico. Chiunque può essere portatore di valore, principio generatore di un percorso di amore per la lettura. Terzo, incontrare fisicamente i libri, tanti libri belli ed intelligenti, incontrarli, se non in casa, a scuola, meglio ancora in classe per averli sempre a portata di mano, a portata di sguardo, oppure nella biblioteca della città ben fornita e sempre aperta!

 

 

A febbraio prende il via il ciclo di incontri con autori e professionisti del mondo del libro che abbiamo voluto accomunare sotto il titolo di Lib(e)ri per la Città.

blogTre momenti diversi, potete trovarne le specifiche qui, accomunati però dall’idea di costruire un’unica opportunità per il luogo in cui viviamo, un percorso realizzato insieme alle persone che, come noi, credono ancora nella necessità di garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, ad una riflessione ampia, come valore per la crescita di tutti. 

Questi incontri non sono un inizio, in realtà. Infatti, la loro preparazione parte a dicembre e si trova incastrata in una serie di progetti e iniziative che culmineranno tutte idealmente nella seconda edizione della Festa del Libro per Ragazzi che stiamo organizzando per il prossimo aprile.

In qualche modo, Lib(e)ri per la Città vuole essere un contributo alla costruzione di quelle politiche sempre auspicate dai professionisti del settore, una piccola parte, la nostra, incastrata insieme a quelle di tante altre persone nella consapevolezza che comunque, laddove riusciremo, potremo solo aggiungere un granello a questo mondo, o spostarlo appena un millimetro in là.

Francesco Gatti

La strada di Achille